MEZZOFUSTO racconta

IL BOSCO RACCONTATO DAL BOSCO
Percorso alla scoperta del legno morto – Nova Arbora
Eva, Chiara e Donatella

“Era una sera di febbraio, qualche inverno fa…

Ricordo che a Badolo la neve era caduta copiosa e pesante solo qualche giorno prima. I miei rami e quelli dei miei compagni intorno la sorreggevano a stento. Quella sera il silenzio era assoluto. D’un tratto, però, tutto era cambiato. Un vento gelido e potente venuto da lontano aveva cominciato a scuoterci sempre più. I più forti di noi, gli alberi al margine del bosco cercavano di resistere e riparare noi, più fragili, cresciuti all’interno del bosco. Ma inutilmente.

Ricordo che ci avevano piantati tutti insieme, ormai almeno cinquanta primavere fa. Eravamo stranieri venuti da lontano, ospiti in queste montagne dell’Appennino.

Eravamo nati in un qualche vivaio forestale e qui ci avevano portato gli uomini perché noi potevamo crescere in fretta e preparare il terreno per le future querce, carpini e ornielli, i veri nativi del Contrafforte. Eravamo “vicini vicini” e dovevamo puntare in alto, per non perdere il nostro spazio di luce. Crescevamo in un terreno roccioso, povero e sabbioso dove milioni di anni fa c’era il mare. Le nostre radici faticavano ad allungarsi in profondità per cercare acqua e nutrimento, negli anni infatti, erano rimaste corte e superficiali rispetto alla nostra altezza, che ormai superava i venti metri.

Quella sera in cui il vento ci aveva raggiunto impetuoso, per noi era stato un inferno. Di continuo sentivamo rami spezzarsi, già sfiancati per la neve pesante dei giorni prima. Noi, così alti, filati e deboli, senza quasi radici, non eravamo pronti a resistere ad una tale potenza. Molti dei miei compagni caddero quella notte. Mai potrò dimenticare quel rumore infernale di rami e tronchi spezzati. D’un tratto, un albero vicino a me cadde proprio nella mia direzione. Centrò in pieno la mia cima e mi spezzò, lasciandomi solo una decina di metri di fusto troncato.”